venerdì 21 marzo 2025
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Rientrati in Italia i fratelli Sassoli

I due skipper bolognesi sono stati sbarcati ieri in Sicilia dal cargo Daio Azalea. Ecco il racconto dell'affondamento della barca e del loro salvataggio

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Palermo - Sono stati sbarcati ieri in Italia i fratelli Guido e Riccardo Sassoli, naufragati in pieno Atlantico a bordo del proprio catamarano, a circa ottocento miglia dalla costa statunitense e tratti in salvo dalla portacontainer panamense Daio Azalea che ieri li ha trasbordati su un'unità della guardia costiera al largo della rada di Pozzallo, in Sicilia. Un'operazione tutt'altro che semplice, a causa di condizioni meteo impegnative con venti che hanno toccato anche i trenta nodi e un mare molto formato.
Intanto, per fare luce e chiarezza sulla dinamica dell'incidente che li ha coinvolti, i due skipper bolognesi hanno scritto di proprio pugno le drammatiche frasi del naufragio. “ [...] Nella mattinata del 10 maggio riceviamo dal centro metereologico Navimeteo di Chiavari, con il quale siamo in contatto permanente attraverso il loro sistema satellitare, l'ultimo bollettino che ci informa del persistere di un forte vento da sud est nelle prossime 12-16 ore con raffiche di 30-35 nodi; ci prepariamo quindi ad affrontare la situazione riducendo al massimo le vele per procedere al meglio sulla nostra rotta. Dopo alcune ore un'onda più alta delle altre si infrange sulla coperta sovrastandoci e causando la rottura della vela principale: randa. Appena ci rendiamo conto dell'accaduto ammainiamo tutta la vela per contenere i danni. L'operazione richiede un certo tempo e quando scendiamo sotto coperta ci rendiamo conto che la parte destra del catamarano sta imbarcando acqua. Dopo esserci consultati con Navimeteo decidiamo di attivare l'Epirb, mentre Navimeteo avverte la capitaneria di porto di Chiavari. Contemporaneamente effettuiamo la chiamata di soccorso sul canale 16 del Vhf. Immediatamente risponde il cargo Daio Azalea che si trova a circa 25 miglia dalla nostra posizione con rotta parallela alla nostra. [...] Entriamo in contatto visivo dopo circa un'ora e mezzo in quanto anche noi abbiamo fatto convergere la rotta su di loro per accorciare le distanze. Quando la nave è a circa un miglio di distanza da noi iniziamo le procedure di abbandono della nostra barca e gonfiamo la zattera di emergenza sulla quale saliamo. La nostra barca affonda dopo circa 20 minuti con la nave a poche centinaia di metri da noi. Ci viene lanciato il cavo di soccorso che però per il forte vento finisce troppo lontano e quindi si deve procedere ad una seconda manovra di avvicinamento. Nel frattempo un'onda si infrange a bordo della zattera causandone una parziale rottura. Al secondo tentativo recuperiamo il cavo ma non riusciamo a legarlo alla zattera e quindi per effetto dell'abbrivio ci allontaniamo dalla nave. Ci prepariamo meglio per il terzo avvicinamento segnalando alla nave la nostra posizione tramite il fascio luminoso emesso dalla nostra torcia in modo che possano costantemente sapere dove ci troviamo. Dopo una perfetta e molto difficile manovra da parte del comandante Ely Sinoy ci vengono calate da bordo le cime di sicurezza e la scaletta che ci consentono di risalire la fiancata della nave e salire a bordo [...] ”.

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