L’imposta sul valore aggiunto, ovvero l’IVA, incide sul prezzo delle barche per il 22%, non poco.
Una volta, per le barche c’era l’IVA agevolata che riduceva l’imposta del 50%, una facilitazione che spingeva il mercato nautico e permetteva di vendere molte barche e che, da quando è stata abolita, ha determinato un forte rallentamento degli acquisti.
Oggi, però, è ancora possibile in alcuni casi acquistare una barca nuova o una barca usata pagando solo una parte dell’IVA o non pagarla affatto anche essendo cittadini italiani residenti in Italia.
Vediamo come funziona.
Per capire le possibilità offerte dall’attuale legislazione bisogna fare un passo indietro e capire da dove nasce la possibilità di non pagare parte o l’intera imposta sul valore aggiunto.
L’IVA sul leasing nautico: quando si paga e quando no
La prima cosa da saper
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L’imposta sul valore aggiunto, ovvero l’IVA, incide sul prezzo delle barche per il 22%, non poco.
Una volta, per le barche c’era l’IVA agevolata che riduceva l’imposta del 50%, una facilitazione che spingeva il mercato nautico e permetteva di vendere molte barche e che, da quando è stata abolita, ha determinato un forte rallentamento degli acquisti.
Oggi, però, è ancora possibile in alcuni casi acquistare una barca nuova o una barca usata pagando solo una parte dell’IVA o non pagarla affatto anche essendo cittadini italiani residenti in Italia.
Vediamo come funziona.
Per capire le possibilità offerte dall’attuale legislazione bisogna fare un passo indietro e capire da dove nasce la possibilità di non pagare parte o l’intera imposta sul valore aggiunto.
L’IVA sul leasing nautico: quando si paga e quando no
La prima cosa da sapere è che non stiamo parlando dell’IVA sul bene, ma sul canone di affitto dello stesso ovvero del leasing.
L’IVA su di un canone di affitto di una barca si paga solo nel momento in cui si usufruisce del bene all’interno del territorio della comunità europea, ovvero se si naviga in acque comunitarie.
Attenzione, non per tutti i beni funziona allo stesso modo: l’IVA è un’imposta è un’imposta che prevede diverse categorie e si comporta in modo diverso al variare del bene soggetto alla sua applicazione.
Quando la barca si trova fuori dalle acque della comunità europea, l’IVA non è dovuta e si paga solo sul periodo in cui la barca viene effettivamente utilizzata.
Qui è molto importante capire cosa si intende per periodo di utilizzo.
Sino a non molto tempo fa, l’Agenzia delle Entrare, con periodo di utilizzo intendeva i giorni di navigazione, le ore di navigazione effettiva.
Ad esempio, se in una stagione si navigavano cento ore, e cinquanta di queste avvenivano in acque territoriali comunitarie e cinquanta in acque extracomunitarie, l’IVA sui canoni del leasing di quell’anno era applicata solo alla metà del periodo, poiché l’imposta riguardava esclusivamente le ore trascorse in acque comunitarie.
Ma poi, in seguito a una interpellanza di un avvocato, l’Agenzia delle Entrate ha dato una definizione diversa e ha scritto che per periodo di utilizzo si intende il periodo in cui la barca è nella disponibilità dell’utente indipendentemente dal fatto che si trovi in mare o a terra.
Questo significa che, anche quando l’imbarcazione è in cantiere o ferma in porto, viene comunque considerata nella disponibilità del proprietario, che può decidere di metterla in mare in qualsiasi momento.
Le conseguenze di questa nuova interpretazione del “periodo di utilizzo” sono molto significative.
Se in passato bastava andare dal continente alla Sardegna per accumulare circa venti ore di navigazione in acque internazionali (dieci in andata e dieci in ritorno) che su un totale di cento ore di utilizzo della barca mi davano il diritto a pagare il 20% in meno di IVA, oggi non è più così.
Per applicare la riduzione devo considerare il tempo fuori dalle acque internazionali sul totale dell’anno.
Perché portare la barca in Tunisia
Molti velisti scelgono di far svernare la propria barca in Tunisia, a Biserta o a Port Marina Gammarth, due marina sulla costa nordafricana che si trovano proprio davanti alla Sicilia.
Per tutto il periodo in cui la barca si trova in Tunisia, l’IVA sui canoni di leasing non è dovuta. Se per il sud si opta per la Tunisia, chi ha la barca a nord la porta nei marina del Montenegro, paese che non appartiene alla Comunità Europea.
Ottimizzare la presenza all’estero
Trasferire la barca ogni anno in Tunisia o in Montenegro non è semplice, quindi conviene ottimizzare al meglio il tempo trascorso all’estero.
Se l’obiettivo – perfettamente legittimo – è ridurre il più possibile l’IVA, un importante istituto finanziario francese nel settore nautico consiglia, al momento della stipula del contratto di leasing, di versare un anticipo consistente, ad esempio pari al 40% del prezzo della barca.
In questo modo, si possono prevedere rate più elevate nei primi tre anni, per poi proseguire con importi più bassi fino alla fine del contratto, che, per altri motivi, è preferibile mantenere il più lungo possibile.
Se nel primo anno si decide di trasferire la barca in Tunisia e trascorrere lì le vacanze, si potrebbe riuscire ad azzerare l’IVA sul primo 40% dell’importo totale. Successivamente, si può valutare se ripetere l’operazione negli anni seguenti. Anche nel caso in cui non si prosegua con questa strategia, si sarà comunque ottenuto un risparmio sull’IVA relativa al 40% del valore della barca.
In questo modo, se nel primo anno si decide di trasferire la barca in Tunisia e trascorrere lì le vacanze, si potrebbe riuscire ad annullare l’IVA sul primo 40% dell‘intero importo. Poi si può valutare se conviene fare la stessa cosa negli anni successivi. Anche nel caso in cui non si prosegua con questa strategia, si sarà comunque ottenuto un risparmio sull’IVA relativa al 40% del valore della barca.
Si può anche decidere di far sostare la barca solo nei mesi in cui non viene utilizzata e poi riportarla in Italia per le vacanze, in questo caso si risparmia in base a quanto tempo si è trascorso all’estero.
Per ogni mese passato fuori dalle acque comunitarie si risparmia un dodicesimo dell’IVA dovuta per quell’anno.
Il gioco vale la candela?
Il sistema è piuttosto macchinoso e prevede lunghi spostamenti della barca. Si consideri che da Genova a Biserta ci sono oltre 400 miglia di mare, per questo l’operazione deve essere conveniente per giustificare il trasferimento.
Se si decide di fare trasferire la barca a Biserta da un equipaggio professionista bisogna considerare un costo di circa 1.500 – 2.000 euro per l’andata e altrettanto per il ritorno.
La cifra potrebbe essere ampiamente ripagata dal minor costo della sosta nel porto di Biserta o, in alternativa, in quello di Tunisi, dove i prezzi sono circa un terzo rispetto ai principali porti italiani.
I conti dell’operazione e i relativi vantaggi
Ecco un esempio pratico dei possibili risparmi:
Consideriamo una barca a vela di 15 metri con un costo di 600.000 euro (accessori inclusi) + IVA.
Supponiamo una sosta di sei mesi in Tunisia nel primo anno e un anticipo leasing pari al 40% del prezzo della barca.
Risparmio effettivo sull’IVA dell’anticipo leasing (50%): 26.400 euro
Calcolo dell'IVA sull’anticipo leasing (40% del valore della barca)
600.000 euro × 40% = 240.000 euro (anticipo leasing)
240.000 euro × 22% = 52.800 euro (IVA sull’anticipo leasing)
52.800 euro / 2 = 26.400 euro
Risparmio derivante dal minor costo del marina e del cantiere in Tunisia (antivegetativa e preparazione per la stagione): circa 9.000 euro.
Costo del trasferimento con un equipaggio professionista (andata e ritorno): circa 4.000 euro.
Risparmio netto finale sul primo anno se supponiamo una sosta di sei mesi in Tunisia circa 31.400 euro (26.400 + 9.000 - 4.000)
Risparmio netto finale sul primo anno se supponiamo di tenere la barca in Tunisia tutto l’anno e non rientrare in Italia circa 65.800 euro (52.800 + 9.000 + 4.000)
Questo senza considerare che la stessa cosa si potrebbe ripetere sugli anni successivi anche se, in quel caso, il risparmio potrebbe non giustificare il trasferimento annuale da e per la Tunisia, soprattutto per chi ha la barca nel nord Italia. La situazione potrebbe essere diversa per chi fa base dal centro Italia in giù, dove la distanza con la Tunisia è minore.
Logicamente, più è alto il valore della barca, maggiore sarà il risparmio in termini assoluti.
Il Montenegro e le grandi barche: una meta strategica
Un buon numero di grandi barche sosta ogni anno in Montenegro, paese che si è specializzato nell’ospitare barche che cercano di sfruttare le regole sull’IVA e la tassazione che vigono nella Comunità Europea.
Negli ultimi anni, in Montenegro sono nati diversi marina, molti dei quali sono pensati per offrire il miglior servizio possibile agli equipaggi dei superyacht che scelgono di passare l’inverno in quelle acque. In alcuni di questi c’è addirittura una scuola internazionale per i figli del personale imbarcato.
L’IVA sulle barche usate
Le barche usate, nella maggior parte dei casi, non hanno l’IVA, a meno che non siano barche vendute da società di charter. In questi casi, il prezzo è quello di mercato, ma nel prezzo è presente anche una componente IVA.
Se la barca è acquistata da un'altra società di charter, l’IVA diventa una partita di giro e non incide sul prezzo. Diversamente, se la barca viene acquistata da un privato, l’IVA diventa un costo proprio come avviene per una barca nuova.
Anche per le barche usate si può applicare quanto detto sino ad ora per le barche nuove.
Una barca usata, ex charter, può accedere a un contratto di leasing, cosa che una barca venduta da un privato non può fare. Anche in questo caso, quindi, si può vautare l’opzione di portare la barca fuori dalle acque comunitarie nel primo anno per ridurre l’impatto fiscale sulla prima rata del leasing, ovvero sull’anticipo.
IVA agevolata sulle barche: come è nata e perché è stata abolita
L’IVA agevolata per la nautica nasce in Francia negli anni 90. Poi l’Italia introduce un suo regime fiscale di agevolazione dell’IVA sulle barche a partire dal 2003, dando inizio a un periodo d’oro della nautica nel nostro paese.
Fin dall’inizio l’IVA agevolata si basava sul concetto che le barche che navigavano in acque extraterritoriali non dovessero pagare l’IVA.
I regimi fiscali che introducevano l’IVA agevolata, si basavano sulla convenzione secondo cui una barca navigasse per il 50% del tempo in acque internazionali, da qui l’IVA agevolata al 50% per tutti.
Nel 2018 un commissario europeo, il francese Pierre Moscovici, contestò questa convenzione, sostenendo che non si potesse dare per scontato che le imbarcazioni navigassero realmente per metà del tempo in acque internazionali, senza che i proprietari fornissero prove concrete.
L’Unione Europea aprì così una procedura d’infrazione contro alcuni Stati membri, tra cui Malta, Grecia e Cipro.
Nel 2020, per evitare sanzioni, anche l’Italia – dopo la Francia – eliminò l’IVA agevolata sulle barche, innescando una forte contrazione del mercato che ancora oggi perdura.
Diversi istituti di studi economici, hanno evidenziato che l’interruzione del regime agevolato ha ridotto le entrate fiscali nel settore nautico.
L’abolizione dell’IVA al 50% ha causato un calo delle vendite di barche, con la conseguenza che gli Stati hanno incassato meno tasse dai cantieri e dai lavoratori del settore. La crisi ha colpito anche l’indotto, dai rivenditori ai produttori di accessori, aggravando ulteriormente la situazione.
Oggi, basandosi sulla stessa legge di allora che permette di non pagare l’IVA sui canoni del leasing per le barche che navigano in acque internazionali, la Comunità Europea e i singoli Stati stanno cercando di trovare un equilibrio tra l’esigenza di incentivare l’industria nautica e quella di applicare le regole.
L’Europa fa bene ad avere delle regole, perché queste garantiscono l’equità, ma le regole devono essere tese ad aumentare il benessere dei cittadini, non a creare inutili e controproducenti penalizzazioni.