giovedì 12 dicembre 2024
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La minaccia delle alghe dei sargassi: la proliferazione nell'Oceano Atlantico

Le alghe dei sargassi presenti nell'Oceano Atlantico sono diventate una minaccia per la vita marina e per le attività umane. Questo fenomeno sta provocando danni enormi all'ecosistema marino, mettendo a rischio anche la pesca e il turismo.

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Sembrerebbe che le alghe galleggianti dell'Oceano Atlantico, presenti soprattutto nella zona compresa tra gli arcipelaghi delle Grandi Antille, delle Azzorre e delle Bermuda, siano state chiamate sargassi da Cristoforo Colombo. Proprio per questa ragione, la zona è stata denominata Mar dei Sargassi.

Le alghe sargassi costituiscono un elemento importante dell'ecosistema marino, offrendo riparo a molte specie di pesci, tartarughe e altre forme di vita che sulle cosiddette zattere di sargassi, normalmente lunghe poche centinaia di metri, trovano un habitat favorevole per la riproduzione.

Negli ultimi anni, tuttavia, queste alghe stanno proliferando a dismisura, diffondendosi lungo tutta la fascia equatoriale dall'America centrale all'Africa, creando quella che gli scienziati hanno definito la "Great Atlantic Sargassum Belt", la grande cintura atlantica dei sargassi.

Si tratta di una barriera galleggiante lunga migliaia di miglia e di un peso stimato di decine di milioni di tonnellate, un fenomeno di proporzioni gigantesche.

Il fenomeno, così esteso e intenso da essere visibile anche dallo spazio, sembra essere causato dall'aumento medio della temperatura, condizione favorevole allo sviluppo delle alghe, ma soprattutto dall'utilizzo massiccio di fertilizzanti in agricoltura, che poi inevitabilmente finiscono in mare con le acque reflue.

Da risorsa per la fauna marina, le alghe sargassi si sono quindi trasformate in una minaccia per la vita animale: gli enormi ammassi galleggianti non permettono alla luce del sole di raggiungere il fondo del mare, mentre i cumuli in decomposizione sulle spiagge impediscono ai piccoli di tartaruga di raggiungere la battigia e iniziare a nuotare.

Anche le attività umane risentono negativamente della proliferazione dei sargassi: una volta accumulatisi sulle coste, formano vere e proprie montagne in decomposizione che tendono a rilasciare idrogeno solforato, una sostanza maleodorante che può provocare mal di testa e irritazioni oculari.

La rimozione delle alghe richiede l'uso di macchinari pesanti, non sempre disponibili nelle piccole isole dei Caraibi e dell'America centrale, che vedono quindi minacciata la loro fonte principale di lavoro, cioè il turismo. Inoltre, lo smaltimento delle alghe è complicato a causa della presenza di metalli pesanti, come l'arsenico, che rende impossibile il compostaggio di queste enormi biomasse o l'utilizzo per l'alimentazione animale.

Anche la pesca e la navigazione risentono del grave problema: i pescatori sono spesso impossibilitati a calare le reti perché si strapperebbero a causa del peso enorme delle alghe che raccolgono mentre alcune barche sono recentemente rimaste intrappolate fra le alghe, faticando non poco a districarsi.

La proliferazione delle alghe dei sargassi rappresentano quindi una minaccia per l'ecosistema marino e per le attività umane, tra cui la pesca, la navigazione e il turismo. La causa principale del fenomeno sembra essere legata all'aumento della temperatura e all'utilizzo massiccio di fertilizzanti in agricoltura che finiscono in mare.

Per monitorare la diffusione delle alghe il laboratorio oceanografico dell'Università del Sud della Florida emette un bollettino mensile che riporta le informazioni a riguardo, consultabile sul sito web https://optics.marine.usf.edu/projects/SaWS.html.

La conoscenza e la comprensione di questo fenomeno sono fondamentali per adottare misure efficaci per proteggere l'ambiente e le attività umane che dipendono dal mare.

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