A guidare le operazioni, oltre alla Guardia Costiera di Milazzo, i biologi marini Monica Blasi e Carmelo Isgrò, che hanno cercato di avvicinare il grande cetaceo per liberarlo, riuscendoci in maniera parziale.
Un’operazione tutt’altro che semplice infatti: l’animale è nervoso e impaurito e il contatto, inevitabile per tagliare le maglie della rete che ne intrappolano parte del corpo, non è immune da pericoli per gli uomini che vogliono aiutarlo.
La rete nella coda del resto rischia di compromettere seriamente la sua salute per almeno due motivi: le ferite che a lungo andare subirebbe il capodoglio e la limitazione del movimento, soprattutto in fase di immersione quando andrà a caccia di plancton e piccoli pesci a elevate profondità e avrà bisogno di tutta la potenza della sua coda.
Secondo i soccorritori, che seguono a distanza il grande pesce, nei prossimi giorni sarà possibile avvicinarlo più facilmente dopo che il capodoglio si sarà stancato. Si tratta del secondo caso in poche settimane nei pressi dell’arcipelago siciliano, noto come uno dei santuari, oltre a quello del Mar Ligure, dei cetacei nel Mediterraneo.
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