
I capodogli in Mediterraneo sono in pericolo? I numeri dicono di sì, e se la popolazione di questi cetacei non è ancora numericamente arrivata a cifre da allarme rosso, poco ci manca.
Ciò accade a causa dell’effetto congiunto dell’inquinamento, della pesca abusiva che ne fa entrare sempre di meno in Mediterraneo, e anche a causa del traffico delle navi che disorienta, quando non ferisce a morte, questi grandi e nobili cetacei.
Per prevenire questo tipo di problemi e ridurre l’impatto antropico sulla specie, si è attivato un colosso dei trasporti turistici, la MSC.
Il mega gruppo del settore crociere ha comunicato che modificherà la rotta delle proprie navi che raggiungono abitualmente la costa occidentale della Grecia, al fine di mitigare la possibilità di urtare i capodogli che stazionano nel Mediterraneo orientale: una popolazione di cui si contano all’incirca da 200 a 300 esemplari.
Un po’ come avviene nel santuario dei cetacei tra Corsica e Liguria, anche in quella zona c’è un punto in cui i capodogli e altri cetacei nuotano in cerca del loro cibo di frequente.
In particolare la zona che viene definita la “fossa ellenica”, tra il Peloponneso e Creta, è meta abituale dei capodogli, ma al tempo stesso una delle rotte più trafficate del Mediterraneo tra trasporto commerciale e turistico.
L’area, profonda fino a 5 mila metri, offre lungo le sue colonne d’acqua la biodiversità di cui questi cetacei hanno bisogno. I capodogli stazionano spesso anche in superficie o poco sotto l’acqua, ed è così che avvengono gli impatti disastrosi con le navi.
MSC ha comunicato quindi che allungherà leggermente le rotte per consentire alle navi di passare in zone dove i capodogli dovrebbero essere meno presenti.
Sulla costa greca le statistiche parlano chiaro: più del 50% dei capodogli trovati spiaggiati e morti negli ultimi anni riportava importanti ferite riconducibili alle collisioni con le navi, un dato che non poteva più essere ignorato dalle stesse compagnie.
La richiesta nei confronti di MSC è partita da un gruppo di ONG di cui fanno parte l'International Fund for Animal Welfare , OceanCare e WWF Grecia.
© Riproduzione riservata