Il 17 maggio del 2014, il Cheeki Rafiki, mentre navigava in Atlantico alla volta dell’Inghilterra, perse improvvisamente il bulbo e la barca si rovesciò repentinamente in un mare in burrasca causando la morte di tutto l’equipaggio.
Nel primo grado, Douglas Innes era stato trovato colpevole di negligenza sia nella manutenzione della barca sia nell’assistenza all’equipaggio della barca, che due giorni prima dell’incidente aveva ricevuto un e-mail dall’equipaggio dove si diceva che questa faceva acqua dallo scafo e si chiedeva lumi su eventuali problemi. Tuttavia fu assolto dall’accusa di omicidio colposo per insufficienza di prove (lo scafo, pur avvistato e fotografato alcuni giorni dopo il fatto, non venne mai recuperato, così come mai furono ritrovati i corpi dei quattro uomini).
Innes, anche quando fu chiamato con il telefono cellulare, mancò di darsi da fare per andare in soccorso ai quattro uomini. A questo si aggiunge il fatto che, secondo la sentenza di primo grado, la barca non aveva ricevuto i controlli e la manutenzione necessaria a evidenziare che questa, in passato, prima che la società di Innes la acquistasse, aveva subito due urti importanti che avevano compromesso l’integrità della barca.
La sentenza del 25 aprile ribalta tutto e dichiara che Douglas è innocente riaprendo, di fatto, le indagini.
Una barca non perde il bulbo improvvisamente senza alcuna ragione, qualche cosa deve essere successo, qualcuno, da qualche parte, deve aver fatto l’errore che ha portato a questa tragedia.
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