L’unica cosa di un certo rilievo che si è decisa è stato un nuovo sistema di monitoraggio dell’inquinamento in ogni nazione.
Un sistema di monitoraggio più trasparente e aderente alla realtà che prevede un momento di verifica nel 2023.
Deluso il Brasile che si aspettava una revisione del vecchio sistema dei crediti, che gli avrebbe permesso una maggiore elasticità perché compensata dalla presenza della giungla amazzonica che è uno dei più grandi polmoni verdi del paese.
L’obiettivo principale era determinare delle politiche efficaci partendo da quanto stabilito nell’accordo di Parigi del 2015 per garantire il contenimento del riscaldamento del globo entro 1,5°, massimo 2°, quando invece, se non saranno prese misure importanti, il pianeta sta viaggiando verso i 3° di innalzamento entro il secolo.
Del riscaldamento globale di parla da 50 anni, ma se una volta lo si prevedeva, oggi lo si sta vivendo. Anche in Europa i fenomeni metereologici si stanno facendo sempre più violenti, le stagioni cambiano e i poli stanno lentamente perdendo le loro masse di ghiaccio.
Tutto questo porterà sconvolgimenti tali da mettere a serio rischio l’interno sistema.
Un po’ tutti i paesi sono colpevoli di questa situazione, ma se molti paesi del vecchio continente, tra i quali l’Italia, hanno compreso la pericolosità della situazione e si stanno dando da fare, l’America di Trump sta abolendo tutte le misure prese da Obama per contenere l’inquinamento degli Stati Uniti. Per molti decenni i territori americani hanno registrato il livello più alto di inquinamento del mondo, record oggi detenuto dalla Cina, paese che al pari degli USA non intende collaborare al contenimento dell’inquinamento globale perché ritiene che questo penalizzerebbe la sua economia.
Grande disappunto dai paesi come le Maldive che leggono la lentezza con cui gli stati si muovono per far fronte ai cambiamenti climatici come una sentenza di morte, o meglio di estinzione, infatti le loro isole se la temperatura continuerà a salire, saranno destinate a scomparire.
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