Il comandante della barca appartenente a una ONG spagnola, e ora sotto inchiesta, nei giorni scorsi aveva salvato 218 migranti davanti alle coste libiche, ma si era rifiutato di consegnarli alle motovedette libiche che lo avevano raggiunto e gli avevano ingiunto di osservare i trattati internazionali. La barca, che avrebbe potuto fare scalo a Malta e consegnare i migranti alle autorità dell’isola competenti per zona SAR, ha scelto di continuare e sbarcare in Italia.
Il fermo della barca è stato eseguito, come detto per ordine della Procura di Catania, sulla base d’indagini della mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo (Sco).
Il reato ipotizzato è associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione.
La controversia nasce dall’accordo studiato dal ministro Minniti e firmato dal Primo ministro Paolo Gentiloni il 2 febbraio del 2017, in cui si stabilisce che la Libia si adoperi per salvare i migranti partiti dalle sue coste, di ricondurli a terra e provvedere a loro in cambio di aiuti economici.
L’accordo ha fatto crollare gli arrivi in Italia di migranti dal nord Africa, ma nel novembre del 2017 la rete televisiva americana CNN con una sua inchiesta ha dimostrato come le forze libiche una volta recuperati i migranti li vendano come schiavi, li sottopongano a torture e violenze.
Il documentario, dove si vedeva come i migranti venivano venduti all’asta come schiavi, ha indotto il segretario generale dell’Onu António Guterres a parlare di “crimini contro l’umanità”.
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