L'indagine è stata portata avanti dalla Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Napoli e ha stato ricostruito un vasto mercato illegale che vede coinvolte ben due organizzazioni criminali (una napoletana e l’altra prettamente caprese) che gestivano il mercato illecito di questo frutto di mare da decenni.
Tra i vari reati contestati ai 19 segnalati si segnalano l'associazione per delinquere finalizzata al compimento di numerosi delitti ambientali, inquinamento e ricettazione.
La pesca dei datteri di mare in Italia è infatti assolutamente illegale, così come in tutta l’Unione Eu-ropea dove è vietata e le multe e le sanzioni per chi non rispetta le norme sono anche piuttosto se-vere.
Per la sua conformazione, questo particolare mollusco si attacca alle rocce, erodendole con le sue secrezioni fino a scavarsi una sorta di nido nella pietra, e per prelevarlo è inevitabile danneg-giare la superficie su cui si trova, dando così vita a un vero e proprio scempio dei fondali.
A Capri si calcola che quasi il 50% della superficie immersa dei faraglioni, e dei dintorni, è stata gravemente danneggiata.
Il bottino sul mercato nero valeva fino a 200 euro al chilo, in una zona che a quanto pare è capace di produrre ogni mese quintali di datteri di mare.
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