Giulio Lolli, che era un importante concessionario dell’Azimut, dal 2007, anno della sua prima truffa con i leasing, aveva iniziato a vendere la stessa barca a più persone accendendo per tutte un leasing milionario che incassava regolarmente.
La truffa era possibile giocando sul fatto che non esiste un registro telematico delle imbarcazioni da diporto, ma, come accadeva oltre 50 anni fa per le auto, le imbarcazioni vengono ancora registrate a mano nei singoli uffici delle Capitanerie. Il sistema della registrazione a mano faceva sì che un ufficio non sapesse cosa faceva l’altro e nessun notaio o istituto finanziario poteva sapere se una barca era già stata venduta o meno.
Questa situazione permetteva a Lolli di vendere barche da tre o quattro milioni di euro anche quattro volte a quattro persone diverse.
Quando nel 2010 la truffa venne a galla, Giulio Lolli scappò in Libia a bordo di uno dei suoi yachts poche ore prima dell’arrivo dei carabinieri.
Oggi Lolli vive in Libia facendo quello che faceva in Italia, commerciando yacht da diporto e navi mercantili. In un’intervista di fine aprile 2016 del Resto del Carlino on line, Lolli dice di sentirsi un avventuriero e che in Libia è tornato a fare soldi e che non trova particolarmente disdicevole truffare le società di leasing.
Ad oggi le Capitanerie di Porto e i diversi governi che si sono succeduti ancora non sono riusciti a creare un registro elettronico delle imbarcazioni da diporto, nonostante i diversi finanziamenti fatti per realizzarlo e le forti insistenze delle società di leasing che vedono nel perdurare della situazione una fonte di rischio elevata per altre truffe.
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