Ora sulla rivista dell’Accademia della Scienza degli Stati Uniti, è apparso un articolo con i risultati delle ricerche sulla natura di quelle pastiglie: potrebbe trattarsi del collirio dei romani.
I ricercatori della Soprintendenza hanno riscontrato, tra le componenti delle pastiglie, ossido di ferro, amido, cera d'api, resina di pino, una miscela di grassi di origine animale e vegetale, resti vegetali come fibre di lino, carbone, amido, cereali, pollini e zinco: «Lo zinco ha alcune proprietà che lo rendono utile ancora oggi in oftalmologia e dermatologia. È probabile che le pastiglie venissero usate per applicazioni esterne sugli occhi» spiega Erika Ribechini del dipartimento di chimica dell'università di Pisa.
Il relitto sul quale è stato trovato il tubetto che ora è esposto al museo archeologico di Piombino, risale a un periodo fra il 140 e il 130 a.C. Si tratta di una piccola nave della lunghezza di circa 15-18 metri e larga circa 3 metri, di cui si è conservata solo la parte centrale. Questa trasportava vasi di Pergamo e anfore di Rodi usate per il vino, lampade di Efeso e brocche, tanto da suggerire che la nave, o almeno una gran parte del suo carico, provenisse dalle coste greche.
© Riproduzione riservata