Una sconfitta per Watson e i suoi ragazzi, ma anche la sconfitta di tutti coloro che sono convinti che le leggi vanno rispettate e che l’ambiente vada protetto perché è l’unico modo per proteggere noi stessi.
Questa, come dice Watson, non è la fine dei Pirati, ma sicuramente è il giorno più buio della loro storia che da dodici anni li vede in mare a dare battaglia alle baleniere giapponesi che contro ogni regola internazionale continuano a cacciare balene anche se il commercio di queste è in deciso declino.
Il perché di questa ritirata lo spiega lo stesso Watson: tecnologia e terrorismo. Le navi giapponesi fanno uso di tecnologia militare e sono supportate da paesi che apparentemente si dicono contro la caccia alle balene, ma che all’atto pratico, per proteggere le loro relazioni con il Giappone, aiutano a perpetrare la carneficina di cetacei all’intero degli stessi santuari istituiti a livello internazionale. Una tecnologia che impedisce alle navi di Sea Shepherd di sapere dove sono le baleniere giapponesi mentre consente ai giapponesi di sapere sempre dove si trovano le navi dei Pirati.
L’altro motivo, forse quello che più di altri ha indotti alla resa i Pirati Verdi, è stata la nuove legge passata in Giappone che dichiara che chiunque attacchi o ostacoli la rotta di una nave giapponese possa essere considerato un terrorista e arrestato e trattato secondo la legge sul terrorismo che, come in ogni altro paese, è particolarmente dura. A questo bisogna aggiungere che gli Stati Uniti hanno intimato agli Sea Shepherd di stare ad almeno 500 metri dalle navi giapponesi.
In totale, stando a quanto dichiarano i Pirati, in dodici anni sono state salvate 6500 balene e si è costretto in più di un’occasione i giapponesi a rinunciare alla pesca limitando l’uccisione a 300 esemplari invece dei 1000 previsti per stagione.
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