La pesca ai grandi cetacei è vietata da diverse convenzioni internazionali, ma il Giappone, da sempre, ha aggirato le regole appellandosi all’unica eccezione prevista, la caccia a fini scientifici.
Il piano di caccia giapponese prevede la cattura di 1000 esemplari l’anno, una quantità decisamente troppo elevata per giustificare la caccia per fini scientifici, come stride fortemente il fatto che la carne di balena, dopo la stagione di caccia, appaia sulle tavole dei ristoranti e nei banchi dei supermercati nipponici.
Fortunatamente i Sea Shepherd con le loro azioni sono riusciti, ormai da anni, a limitare la caccia da parte delle baleniere Giapponesi. Quest’anno il Giappone si è ritirato dalla caccia dopo aver catturato appena 103 esemplari sui 950 previsti.
Durante la sua attività di bracconaggio, il Giappone invade spesso le acque d’influenza dell’Australia che protesta regolarmente. Nel 2010 il governo australiano ha denunciato il Giappone alla corte di Giustizia e ora, a partire dal 26 aprile, si terranno all’Aia, le udienze del processo. La sentenza sarà nota tra qualche mese.
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