
Con l’avvicinarsi della primavera lo Stretto di Gibilterra ricomincerà ad essere molto frequentato dalle barche a vela che dall’Atlantico entrano in Mediterraneo e viceversa.
Come noto, la zona di Gibilterra è famosa per la presenza delle orche e per i loro attacchi contro le barche a vela che, negli ultimi anni, si sono moltiplicati.
Pare che su alcuni gruppi Facebook si sia fatta avanti la convinzione malsana di difendersi dalle orche sparando dei petardi in mare.
Partendo dal presupposto che la tesi dei petardi non ha alcuna valenza o prova scientifica, l’iniziativa appare anche deprecabile per ovvie ragioni di inquinamento, oltre che potere essere pericolosa per i mammiferi stessi e per altre specie marine che abitano quelle zone.
I petardi possono scoppiare anche sott’acqua, in particolare alcune tipologie, rilasciando quindi detriti e sostanze inquinanti che certamente non fanno del bene al mare.
I sostenitori di questa linea ovviamente obietteranno che davanti a un pericolo ci si difende con tutti i mezzi, ma ripetiamo che la tesi dei petardi non ha ad oggi alcuna valenza scientifica.
Esistono invece delle tesi e delle precauzioni molto più attendibili per diminuire il rischio di attacco dalle orche.
Per quanto riguarda le precauzioni sono nate diverse Applicazioni per i dispositivi mobili che consentono di verificare se sulla nostra rotta venga segnalata la presenza delle orche, molto utili da installare sui nostri telefonini o tablet.
Esistono poi in commercio dei repellenti sonori che lavorano su una frequenza molto alta udibile solo dalle orche, non inquinano, e sembrano essere abbastanza efficaci nel tenere lontano il pericoloso predatore.
Ci sono poi altre tecniche consigliate per diminuire la curiosità delle orche, come quella di navigare a motore e non a vela, sembra che siano più attratte dall’assetto e dal silenzio della barca quando questa naviga a vela.
Infine, rimanere su zone con bassi fondali, piuttosto che al centro dello Stretto di Gibilterra, diminuisce sensibilmente il rischio di incontrarle.
Usiamo la testa insomma, e non affidiamoci a tesi poco attendibili e soprattutto nocive per l’ecosistema marino, ricordandoci che gli ospiti, a Gibilterra come in qualunque altro angolo dell’oceano, siamo noi.
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